THE FDSB

A “coda ritta” era uno di quei modi di dire toscani, dei contadini toscani, di quando la parlata di là, ancora non invasa dagli inglesismi delle televisioni e dei giornali, aggiungeva alla soavità dell’eloquio, l’arguzia e l’efficacia della metafora.
Ricordo mia nonna, anzi la mi’ nonna, mi affascinava con quel suo esprimersi in modi di dire e in proverbi e, a noi ragazzacci, rammento diceva: “siete un branco cani sciolti”.
Ora, definirne il significato esatto, cioè tradurre con una sola parola in italiano – a coda ritta -, non saprei. E’ chiaro che l’espressione prende origine dall’atteggiamento degli animali caudati in generale e dei cani in particolare. La tipica parata a fronteggiare un intruso o definire il rango sociale o far colpo su una femmina riluttante. In italiano si potrebbe dire: sicuro, spavaldo, baldanzoso; forse minaccioso, impetuoso, arrogante o forse con ognuno di questi aggettivi, ma ciascuno certo a secondo delle situazioni.
Sicuramente l’esatto contrario di “con la coda tra le gambe” che dà il senso di riluttante, impaurito, bastonato……Ma questo è un altro discorso.
E’ chiaro che il parlar di code prelude al parlar di cani e neanche a farlo apposta di setter inglesi come se non se ne fosse già detto abbastanza. Ma la polemica languisce e ogni tanto bisogna riattizzarne il fuoco.
Rivisitando allora la storia del setter in chiave meno romantica e soprattutto meno enfatica, si dovrà partire iniziando dal nome “Setter” che non deriva affatto da verbo  – sedere, come qualche autore ha pensato di dover tradurre, per giustificare se non imporre ai poveri cani, atteggiamenti più o meno accucciati (seduti), ma più esattamente dal verbo  che significa, tra l’altro, “puntare di cane da caccia”. Quindi, aggiungendo all’infinito del verbo la desinenza “er”, che per gli inglesi suona pressappoco come la nostra “tore”, sarà to sit + er = sit(t)er con l’improbabile traduzione di “siedi-tore”,ma più correttamente to set + er = set(t)er che si tradurrà correttamente in “punta-tore”.
Dunque non è vero niente che il setter (inglese) deve fermare “seduto”. Deve solo fermare. D’altronde non si giustificherebbe il fatto per cui gli Irlandesi e i Gordon debbano, seppur setter, fermare in piedi.
Le parole “setter” e “pointer” (to point = puntare) sono due diversi modi di dire la stessa cosa, perché della stessa cosa si tratta: puntare o fermare gli uccelli. E i setter e i pointer sono stati chiaramente creati da due ceppi diversi, ma per le stesse funzioni, per gli stessi ambienti, per gli stessi selvatici. Tutte le differenziazioni, tutti gli orpelli stilistici, il baratro che vorrebbe dividere le due razze, sono venuti poi. E non certo in Inghilterra dove, da sempre si guarda alla sostanza più che all’estetica. La distorsione fu qui da noi, popolo di artisti, da sempre più indulgenti verso la leziosità delle forme che l’essenza pratica delle cose. Figuriamoci se Laverack avesse voluto un setter che si accucciava in ferma sulle grouse, nell’erica alta al ginocchio! Come si fa a vedere un cane in ferma in quelle condizioni? E ancora: W. Humphrey sosteneva che un cane può occasionalmente schiacciarsi in ferma, ma solo se a ridosso del selvatico, concludendo che, se questo succede di frequente vuol dire che il cane non ha abbastanza naso per sentire e fermare (eretto) da lontano. Il setter deve, sì, avere la flessuosità e la morbidezza del suo antenato epagneul, ma nulla più.

Nella foto: coda di Lynnhill Salinkeen Win in ferma su forcelli fra i rododendri

Dopo la metà dell’ottocento iniziarono le prime esportazioni, dall’Inghilterra principalmente verso l’America dove più che mai occorrevano cani veloci a cerca vasta da poter seguire a cavallo negli infiniti territori di quel Paese. Gli appassionati di là importarono a volte a prezzi vertiginosi, all’americana insomma, i migliori soggetti dai migliori allevamenti d’Inghilterra e di Scozia: da Laverack in primis, ma poi da Statter, da Brewis, da Lonsdale e in particolare da Llewellin che in quegli anni aveva i setter più belli e più bravi al Mondo! Per questi ultimi, gli Americani crearono persino una registrazione separata come razza a parte “Llewellin Setter” e che resiste ancora tutt’oggi, mantenuta in assoluta purezza. Con questi cani gli allevatori a stelle e strisce selezionarono soggetti fortissimi che contribuirono in maniera determinante all’evoluzione del setter nel Mondo! Gli inglesi intanto, gli allevatori più attenti, ancora Llewellin su tutti, ma anche lo stesso Humphrey, (che continuerà la linea pura di Llewellin) Lonsdale, Bishop, Sharpe, Blane tra i più conosciuti, reimportarono i nipoti e i bisnipoti delle precedenti esportazioni, per rinsanguare i loro canili impoveriti appunto dalle vendite dei migliori soggetti. E ripresero a produrre animali di gran pregio. In verità la cosa ebbe anche un significato diverso. I proprietari dei grandi canili avevano una loro propria famiglia di setter e non si sarebbero mai abbassati a chiedere rinforzi ad un altro allevatore (l’orgoglio inglese!), così comprando in America, soprattutto soggetti della linea “Llewellin Setter”, poterono attingere alle diverse fonti senza, diciamo così, perdere la faccia.
Gli Americani come si diceva, allevando cani di grandissima azione che prendevano distanze chilometriche (e non pensate che stia scherzando) ebbero bisogno di soggetti facilmente visibili in ferma. Così selezionarono su quei setter che oltre a fermare sicuramente eretti tenessero la coda alta, come dire: una bandiera che spuntasse dalla vegetazione della prateria. Non si trattò di gusto estetico ma di necessità pratica che con l’andar del tempo divenne anche moda e poi gusto ed ancor’oggi gli Americani vogliono cani che fermino con la coda “twelve o’clock” (a ore 12)  

Mist dei Forcelli setter inglese di Giuseppe Cassina di Torino                                      

I soggetti reimportati dagli Inglesi ai primi del novecento erano cani che fermavano a coda all’insù e che, miscelati con gli indigeni, generarono setter che portavano tendenzialmente la coda alta in ferma.
Così di conseguenza parecchi dei nostri primi importati risentirono di questo atteggiamento e lo trasmisero ai loro discendenti. Ma ai nostri cinofili non garbò più di tanto e cominciarono a limare.
Come tutti sappiamo l’ambiente condiziona e il nostro terreno di caccia, ma direi meglio il nostro modo di cacciare, condizionò il setter originale. Alle prove si cercò di copiare la madrepatria Inghilterra con la differenza che, invece dei moors con l’erica al ginocchio, avevamo i grani alti una spanna. Il setter, che dell’epagneul originario aveva conservato la flessuosità e la sagacia, tentò fermando, di nascondersi tra la poca vegetazione. Il risultato fu di doversi accucciare, facendo di necessità virtù. E non l’avesse mai fatto! Divenne la regola.
 
In verità i primi importati continuarono a fermare belli dritti e con code certamente allegre. Ma poi visto che la tendenza era tutt’altra si dovettero adattare e si …prostrarono!
A caccia, di contro, si volle per parecchi lustri un bracco travestito da setter (e quanti ancora lo rimpiangono), ma che da bracco cacciasse a tiro, guidasse cautamente e perché no all’occorrenza segnasse la passata della lepre. E la coda ?…. Avevamo cominciato a parlare di coda.. La coda, come sapete, è il termometro del cane, l’indicatore dello stato d’animo del setter.

Non sto qui a spiegare che quando un cane vi viene incontro a coda bassa vi teme anche se scodinzola, ma se vi accoglie con la coda alta è contento di vedervi ecc. ecc. Parliamo della coda in sola funzione venatoria.
John Nash, il grande allevatore di Irlandesi (anch’essi setter, ma che devono fermare in piedi !!!), i famosi Moanruad, un giorno di parecchi anni fa, alle prove di Campionato di Thilliprony Castle nel Perthshire in Scozia, mi raccontò che qualche anno prima era stato a giudicare a Bolgheri, che gli erano piaciuti i nostri cani. Ricordava chiaramente Arno di Valdidice, Crismani Dik, Bobet di S. Faustino, sebbene si rammaricasse che tutti corressero con la coda “morta in mezzo alle gambe”, ricordo disse: “come le volpi”. Sosteneva che un cane che muove la coda dimostra, cacciando, più passione e che ad “inventare (usò proprio questo termine) quella storia della coda a timone era stato ” …….quel vostro giudice, quello senza un braccio, sì aiutami, come si chiama” Abbozzai… “Giulio Colombo?” “esatto Giulio Colombo”.

Lynnhill Salinkeen Win in ferma su forcelli

Edward Laverack e scusate se è poco, in una lettera datata 26 sett. 1876 a Mr. Robinson scriveva a proposito del suo Prince : “…E’ una delizia vederlo cacciare nei campi di rape di 70 /80 acri, da un lato all’altro testa sempre al vento e coda costantemente vibrante come un fuoco ardente.”

In Inghilterra e in America corrono e vincono i maggiori Field Trials, scodinzolatori accaniti che farebbero rabbrividire i teorici nostrani. Ma fermano, in piedi, la selvaggina selvaggia, quella che qui non c’è più. E noi ci attacchiamo … alla coda: immobile e a timone.
Effettivamente l’esasperazione iniziò con la fine delle starne. Alla fine degli anni settanta – primi ottanta, le palestre della grande cerca in particolare, ma di tutte le prove in generale, si spogliarono, è il caso di dirlo, di pernici selvatiche: metro indiscutibile e indispensabile delle capacità specifiche del cane da ferma. Il surrogato domestico non potendo offrire le stesse garanzie, fece irrimediabilmente deviare l’interesse da quelle prestazioni fino allora ritenute indispensabili verso quegli atteggiamenti fino allora considerati esiziali.

D’altronde a chi poteva interessare un cane che trovasse e fermasse uccelli che non c’erano più? Meglio la “gabbiarola” e quel che ne poteva derivare. Percorsi preordinati, movimenti e posture codificate, addestramento elettrizzato, turni ridicoli. Risultato: spersonalizzazione del setter, direi meglio: automatizzazione.
Mi parrebbe più corretto definire le attuali nostrane prove di lavoro come “Esposizioni in Movimento”. Perché effettivamente solo di questo si tratta.
Il rapporto con la selvaggina (?) è il mezzo o forse la scusa per “esporre” qualità motorie e atteggiamenti di ferma… inventati. La meccanica del movimento, l’angolazione delle scapole, l’espressione di ferma. D’altronde cos’altro può compiacere il gusto cinofilo se non la plasticità degli atteggiamenti ? ….ma a caccia è tutta un’altra cosa…
Il cacciatore, quello vero che ancora considera il cane come il mezzo per trovare di più, si compiace del carniere. Che, animalismi e protezionismi a parte, è il giusto fine della caccia !
Per quelli che ancora trovano quattro uccelli veri, non sono certo le posture e le mossette del cane che fanno la differenza. Per il cane cacciatore, di gran naso e fondo provato, non c’è terreno o selvatico che tenga, sia con la coda alta che bassa, sia che la muova o la tenga ferma.
Perché poi a tutti noi, sotto sotto, quelle scodinzolate su una pastura ci danno quel brivido che rinnova la speranza, e ci fanno un gran piacere, diciamoci la verità ?! Senza contare che un bel pennacchio all’insù, nel sottobosco ancora un po’ fitto delle prime beccacce, è un segnale che ti emoziona più di ogn’altra cosa per quel senso di determinazione che ti trasmette e che ti contagia della sua stessa sicurezza. Solo chi ha avuto un buon cane che fermava in questo modo, può sapere che gran comodità e che piacere sia trovarlo in ferma.

Lynnhill Salinkeen Win in ferma su beccaccia

Il gran cane da caccia, di qualsiasi razza sia, lo è indipendentemente dalle esasperazioni stilistiche. Senza fraintendimenti però, non parlo di cani con code a elicottero che fermino a cavalletto. L’eleganza, alla quale tutti siamo sensibili, è spesso legata alla moda, ma è pur sempre una componente importante. E io sono per l’eleganza classica, quella sempre in voga, quella dei setter cacciatori di classe, che fermano come i loro antenati Llewellin con pose un po’ più erette, con la coda un po’ più su, quegli uccelli che altri, magari moderni stilisti hanno lasciato. Quei cani che ogni volta trovano il modo di farti fare una fucilata, forse con un paio di scodinzolate di accertamento prima, ma poi con una ferma sicura, naso e coda al vento, spavaldi quasi arroganti nella loro determinazione.
Insomma…. a coda ritta.

Marzio Panattoni    2006

en_GBEnglish
it_ITItalian en_GBEnglish